Cari Colleghi, l’anno nuovo, da sempre, è visto come un momento di transito verso un orizzonte che ciascuno di noi immagina con una prospettiva di speranza e desiderio.

Essendo comuni le aspettative, la differenza, nella vita come nel sindacato, la fa chi non si limita ad accomodarsi sulla poltrona per assistere al corso degli eventi.

Abbiamo attraversato una congiuntura socio economica drammatica e per rimarginare le ferite ci vorrà ancora molto tempo.

Potevamo attestarci su una linea di difesa, asserragliandoci in trincea, evitando di assumerci responsabilità.

Ma non sarebbe stato nella nostra natura e, soprattutto, così facendo avremmo tradito il mandato di decine di migliaia di colleghi che, nonostante le ingenerose aggressioni da parte dei soliti noti, continuano a riconoscerci la leadership nella rappresentanza dei poliziotti.

Ecco perché, quattro anni fa, all’apice della crisi, quando le istituzioni vacillavano sotto i colpi della speculazione internazionale e si profilava all’orizzonte la possibilità di ulteriori penalizzazioni, anche economiche, per gli appartenenti al comparto Sicurezza, siamo riusciti a far breccia nell’opinione pubblica, impedendo che venisse ulteriormente prorogato il blocco del tetto salariale.

Un successo che non ci ha appagato. Consideravamo infatti irrinunciabile una revisione dell’architettura ordinamentale che potesse per un verso rimuovere ingiuste discriminazioni originate dalla pessima riforma che nel 1995 ci era stata scagliata addosso al solo scopo di creare disaffezione per le organizzazioni sindacali, e al contempo gettare le fondamenta della Polizia di Stato del futuro.

Una riaffermazione del modello civile di sicurezza e della sua centralità, che dovrà essere portata a compimento anche con l’adeguamento dei simboli esteriori, a partire dalla revisione dei distintivi di qualifica, che dovrà segnare la definitiva cesura con l’impostazione militare.

Il risultato, a dispetto delle lagnanze di detrattori che si sono sempre e solo preoccupati di denigrare il nostro lavoro senza mai proporre nulla di alternativo, è stato il frutto di una incessante e defatigante opera di mediazione con il Governo e l’Amministrazione, e consentirà di aprire a decine di migliaia di colleghi le porte della mobilità verticale. E tutto questo con uno stanziamento di risorse economiche che ha consentito un ulteriore recupero rispetto alla forbice tra le retribuzioni e il costo della vita provocata dal congelamento dei rinnovi dei contratti collettivi di lavoro del pubblico impiego.

È, per l’appunto, l’apertura della nuova stagione contrattuale, finalmente giunta al suo compimento, che ci consente di guardare con fiducia al nuovo anno, con l’aspettativa di portare a compimento il faticoso percorso intrapreso quattro anni addietro, realizzando – anche – l’ultimo degli obiettivi che ci erano stati affidati dal congresso.

Un contratto di lavoro con il quale contiamo di riuscire a consolidare la parte fissa della retribuzione, riconoscendo poi il particolare disagio che caratterizza alcuni dei servizi di istituto su cui gravano rischi e fatiche ad oggi non adeguatamente apprezzati.

Ora, non resta che attendere la graduale applicazione degli istituti introdotti dal riordino delle carriere per poter veder compiuto il progetto di medio periodo, con il quale abbiamo cercato di rimettere al centro del sistema ordinamentale il valore del capitale umano.

Un sistema nel quale le poliziotte ed i poliziotti saranno considerati centri di imputazione di diritti ed interessi, ed in quanto tali chiamati a svolgere un ruolo determinante nella realizzazione delle politiche della sicurezza, e non più quali meri esecutori di disposizioni estranei rispetto ai processi decisionali.

Siamo consapevoli che, probabilmente, si poteva anche fare meglio e di più. Ma, come si usa dire, il meglio è nemico del bene, perché chi vuole la perfezione ad ogni costo alla fine rischia di doversi accontentare dei rimpianti per non aver approfittato delle occasioni che gli erano state offerte. Né ci pare, a dire il vero, che qualcun altro sia stato in grado di proporre alternative di sorta. Ci sono, immancabili, i professionisti nell’arte della critica a prescindere.

Non è una novità, giacché, come insegna il saggio detto popolare, “chi fa è imperfetto, chi non fa vede il difetto”. Noi magari non saremo perfetti, ci mancherebbe. Crediamo però di aver saputo interpretare al meglio la volontà di tutti i colleghi.

I dati associativi da questo punto di vista ci confortano, e ci spronano a proseguire, anche per l’anno che verrà, con i medesimi propositi ereditati dai nostri padri fondatori per far crescere, ancora di più, il Siulp e per garantire ai cittadini una migliore sicurezza, che è il compito primario del nostro lavoro.

Ed è con questo spirito che auguro a tutti voi e alle vostre famiglie i migliori auguri di un Santo e sereno Natale e di un felice e prospero anno nuovo.

Felice Romano

 

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