Carissimi Colleghi, facciamo riferimento ai numerosi quesiti pervenuti a seguito dell'articolo pubblicato in data 22/12/2016 sul sito web http://infodifesa.it/pensioni-militarilinps-deve-rifare-i-conti/ concernente la posizione di un sottufficiale dell’Arma dei Carabinieri in quiescenza che, nell’anno 2013, lamentava un’erronea applicazione della percentuale necessaria per la formazione della base pensionabile della propria pensione, calcolata al 35 % anziché al 44%, e al ricorso dallo stesso presentato alla Corte di Conti in considerazione della mancata risposte dell’INPS in merito alle sue doglianze.

In merito rappresentiamo che da quanto emerso sinora, il ricorrente richiamava, a fondamento delle sue doglianze, alcune fonti normative che fisserebbero le percentuali di calcolo della base pensionabile (l'articolo 54 del DPR 1092/73 e circolare INPDAP n. 22 del 18.09.2009) non applicate correttamente al calcolo della sua pensione.

A seguito di tale ricorso, notificato anche alla sede dell'INPS competente per territorio dove il collega carabiniere risiede, lo stesso INPS territoriale, senza attendere l'esito del giudizio della Corte dei Conti adita, nel dicembre 2016, accoglieva, parrebbe in regime di autotutela, la richiesta avanzata dall'ex dipendente dell’Arma dei Carabinieri adeguandogli il trattamento pensionistico al 44% della base pensionabile, anziché del 35% precedentemente applicato in funzione della tabella allega al DPR 1092/73 (che disciplina come calcolare la percentuale della base pensionabile e che prevede che per i primi 15 anni utili a pensione si matura il 35% mentre per ogni anno successivo al 15° prevede che si aggiunga un rendimento dell'1,80% per ogni anno).

Questo meccanismo fa si che al compimento del 20° anno utile a pensione (35% più 1,80% per 5 anni è uguale a 9% per cui 35 più 9 è uguale al 44%) ogni militare matura il 44% della base pensionabile. Tale scelta, operata dall'istituto previdenziale senza attendere la sentenza della Corte dei Conti, ha portato alla conseguente richiesta di adeguamento da parte di tutti i militari e quindi alla necessità di fare i ricalcoli pensionistici da parte di tutto il personale militare del Comparto Difesa che, come il ricorrente dell'Arma, poteva vantare al 31 dicembre 1995 un'anzianità contributiva non meno di 15 anni di servizio utile e non più di 20 anni.

L'articolo 54, comma 1, del citato DPR 1092/1973, testualmente prevede che, nel sistema di calcolo RETRIBUTIVO, il personale militare con un’anzianità utile a pensione compresa tra 15 e 20 anni ha diritto ad una pensione su base “retributiva” pari al 44% della base pensionabile.

Dal tenore della norma è ovvio che tale previsione (ricordiamo che il 44% secondo la tabella allegata allo stesso decreto si matura al compimento del 20° anno utile a pensione) sia stata introdotta a tutela di tutti quei dipendenti che, o per raggiunto limite di età (ricordiamo che in quegli anni gli arruolamenti avevano una disciplina completamente diversa da quella attuale soprattutto per chi proveniva dal disciolto corpo della PAI o dalle Forze Armate) ovvero per fisica inabilità, erano costretti a lasciare il Corpo senza aver maturato una pensione dignitosa.

Infatti in questi casi la norma in questione garantiva una pensione minima che ha trovato applicazione sino all'entrata in vigore della riforma Amato (l.503/92) anche per coloro che decidevano volontariamente di lasciare il Corpo o la polizia di Stato avendo maturato 19 anni, 6 mesi e un giorno di servizio.

La stessa cosa, sempre dal tenore letterale della norma, non è mai stata applicata a coloro i quali, invece, hanno proseguito il servizio sino al raggiungimento di una delle finestre previste per la pensione di anzianità ovvero il limite di età ordinamentale previsto.

Per ogni più facile consultazione, SI RIPORTA DI SEGUITO IL TESTO DEL CITATO ARTICOLO 54:

54. Misura del trattamento normale. La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile, salvo quanto disposto nel penultimo comma del presente articolo. La percentuale di cui sopra è aumentata di 1.80 per cento ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo. Per gli ufficiali del servizio permanente che rivestono un grado per il quale sia stabilito, ai fini della cessazione dal servizio, uno dei limiti di età indicati nella tabella n. 1 annessa al presente testo unico si applicano le percentuali di aumento previste nella tabella stessa. Le percentuali di aumento indicate nella lettera B) della tabella di cui al precedente comma si applicano anche per la liquidazione della pensione dei sottufficiali, siano o non provenienti dal servizio permanente o continuativo, nonché dei carabinieri e dei finanzieri. Per i sottufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica del ruolo speciale per mansioni d'ufficio collocati in congedo prima del compimento del limite di età previsto per la cessazione dal servizio si applica, relativamente al servizio prestato fino alla data di trasferimento in detto ruolo, la percentuale di aumento inerente al grado rivestito a tale data e, relativamente al servizio reso nel ruolo speciale, la percentuale di aumento dell'1,80. Per i sottufficiali e gli appuntati dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza e per i sottufficiali e i militari di truppa del Corpo delle guardie di pubblica sicurezza e del Corpo degli agenti di custodia si considera la percentuale di aumento del 3,60. La pensione determinata con l'applicazione delle percentuali di cui ai precedenti commi non può superare l'80 per cento della base pensionabile. In ogni caso la pensione spettante non può essere minore di quella che il militare avrebbe conseguito nel grado inferiore, in base agli anni di servizio utile maturati alla data di cessazione dal servizio. Per il militare che cessa dal servizio permanente o continuativo per raggiungimento del limite di età, senza aver maturato l'anzianità prevista nel primo comma dell'art. 52, la pensione è pari al 2,20 per cento della base pensionabile per ogni anno di servizio utile.  

Nei confronti dei graduati e dei militari di truppa non appartenenti al servizio continuativo la misura della pensione normale è determinata nell'annessa tabella n. 2.

L'indennità per una volta tanto è pari a un ottavo della base pensionabile per ogni anno di servizio utile.

A seguito dell'entrata in vigore della legge 335/1995 (c.d. riforma Dini), tutto il personale che alla data del 31 dicembre 1995 poteva far valere un'anzianità contributiva inferiore a diciotto anni ma superiore a 15 (considerato che chi aveva un'anzianità inferiore ai 15 anni è stato collocato comunque nel sistema interamente contributivo), la norma disponeva che la pensione sarebbe stata determinata dalla somma di due quote: la prima quota retributiva sino al 31.12.1995 mentre la seconda quota, con calcolo contributivo, a far data dal 01.01.1996.

In tale meccanismo, la quota retributiva, ovvero la parte della pensione che corrisponde alle anzianità acquisite anteriormente al 31 dicembre 1995, per effetto della riforma Amato veniva divisa in due rate:

• la prima, DETTA QUOTA A che vale sino al 31.12.1992 che è calcolata sulla base dell'80% dell'ultimo stipendio percepito;

• la seconda, DETTA QUOTA B che va dal 1° gennaio 1993 al 31,12.1995, calcolata sula base della media delle ultime retribuzioni, fino ad un massimo di 120 mesi (10 anni) a ritroso della data di collocamento in pensione.

La seconda quota contributiva, ovvero la parte della pensione che corrisponde al trattamento pensionistico relativo alle ulteriori anzianità maturate dal 1° gennaio 1996 e riferite a tutta la retribuzione comunque percepita a qualsiasi titolo dal dipendente (quindi comprese le indennità accessorie) che vengono calcolate secondo il sistema contributivo.

Di seguito a quanto sinora evidenziato, è lecito dover supporre che la norma in esame, Articolo 54 comma 1 DPR 1092/1973, sia stata introdotta per salvaguardare tutti coloro che non potessero continuare il servizio e non avevano ancora raggiunto il 20° anno utile alla pensione per raggiungere il 44% della base pensionabile che, come detto prima costituiva la pensione minima.

Ecco perché la previsione del citato articolato che stabilisce che "La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile, salvo quanto disposto nel penultimo comma del presente articolo" sia indirizzata al militare che, essendo dispensato dal servizio per fisica inabilità, avente i requisiti sopracitati, gli veniva conferita almeno una pensione minima per la sua sussistenza economica.

Ciò detto, atteso anche i diversi giudicati amministrativi e della stessa Corte dei Conti in materia di trattamento di pensione o sulle voci che devono concorrere alla costituzione della base su cui calcolare la pensione sono state diverse e di diversa natura, pur confermando lo spirito della norma in questione, questa OS, anche al fine di scongiurare il rischio di un duplicato di valorizzazione dei periodi contributivi con relativa richiesta di restituzione delle somme percepite, che potrebbe causare non pochi problemi sui bilanci dei pensionati, sta seguendo la questione direttamente con l'INPS al fine di evitare eventuali sperequazioni di trattamento tra personale dello stesso comparto ma anche di esporre i singoli Colleghi pensionati, come già avvenuto in altre occasioni. A tal proposito, infatti, ha interessato l'Istituto in parola al fine di avere una risposta certa e univoca su come interpretare l'articolo 54, coma 1, anche per tutti coloro i quali hanno continuato la contribuzione previdenziale e hanno lasciato il servizio al compimento di uno dei requisiti della pensione di anzianità ovvero con la pensione di vecchiaia.

Sarà cura della Segreteria Nazionale di informare quanto prima e tempestivamente degli sviluppi sulla vicenda.

Roma, 31 gennaio 2017        La Segreteria Nazionale

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